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La corsa ad aprire il capitale

Stevanato Group è una delle principali quotazioni di un’azienda italiana a Wall Street.
Ma il Triveneto è sempre più sotto i riflettori di diverse operazioni straordinarie, segnando un vero record (Fonte Aifi, dal suo osservatorio del 2021).

«Per quanto riguarda gli strumenti alternativi di reperimento di equity in Triveneto, si evidenziano tre passaggi: venture capital, private equity e public equity», spiega Paolo Masotti, amministratore delegato di Adacta Advisory, che ha curato un’indagine sulla finanza alternativa in esclusiva per Nordest Economia.

Adacta ha stimato che le 650 startup trivenete partecipate da corporate venture capital (11% del totale) abbiano ottenuto capitali sotto forma di partecipazione al capitale di rischio (equity) per circa 100 milioni nel 2020, con un ticket medio di 150 mila euro. Per quanto riguarda i fondi di private equity che hanno investito in società trivenete non start up negli ultimi tre anni, si contano 70 operazioni, ma la gran parte di queste è condotta non come aumento di capitale e apporta più competenza, know-how e managerialità (che si traduce in capitale umano) che finanza.

Venendo alle public equity, «lo scenario è interessante – afferma Masotti – anche se i numeri sono contenuti: le società presenti nel Nordest sono 36, principalmente nel settore manufacturing. Le Ipo degli ultimi tre anni sono state 12: se si esclude Stevanato, si tratta dunque di undici operazioni che complessivamente hanno raccolto 70 milioni di euro. Da ciò ne consegue sia un mercato che si può spingere ancora molto: la Borsa oggi è attrattiva per aziende che hanno dimensioni piccole e che raccolgono ticket abbastanza contenuti, escludendo il caso di Labomar che è stata un’operazione di spessore». «Interessante, come prospettiva di respiro, – continua Masotti – è il tema del programma Elite per avvicinare le aziende alla Borsa».

Nel Triveneto, afferma Adacta, le imprese iscritte ad Elite nel pre-pandemia erano 90 che sono diventate 150 a fine 2021. «Sono numeri contenuti e con un sizing abbastanza modesto se rapportati a un mercato di circa 4.000 aziende con volume d’affari superiore ai 20 milioni di euro in cui le quotabili sono numerosissime (oltre 1000). Ma allo stesso tempo è un dato interessante perché predittore di un certo dinamismo. Inoltre c’è da sottolineare che le imprese trivenete passate dal programma Elite sono poi passate in Ipo». Nello specifico Elite è stata l’anticamera di aziende come Masi Agricola, Somec, Aquafil e Labomar.

Il secondo focus dell’indagine riguarda gli strumenti alternativi di reperimento di debito in Triveneto.
La posizione finanziaria netta delle imprese del Nordest è stabile tra il 2018 e il 2020

Quaranta emittenti rappresentano il 63% in valore dei titoli di debito emessi. «Il focus dell’indagine – spiega Daniele Trevisan, partner di Adacta Advisory – è sui titoli di debito non bancari. Si tratta di un mercato ancora di dimensioni ridotte, che rappresenta il 6% dell’indebitamento complessivo: le imprese familiari accedono a sizing piuttosto contenuti rispetto alle quotate o a imprese partecipate da un fondo, che accedono a questi strumenti – generalmente più complessi e costosi – in maniera più sensibile e dinamica. C’è quindi ancora ampio spazio per lavorare su questo tipo di strumenti, che hanno un potenziale di sviluppo abbastanza elevato».

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